Il Vesuvio era ancora là…
Non so se questa sia un’Italia in 3B (bella, buona e brava) al 100%, ma di certo è un’Italia vera. E vale la pena scriverne.
Quest’anno per le vacanze ho deciso di scendere verso Sud in sella alla mia fedele Yamaha 250. Volevo sentirmi viaggiatore come Goethe (leggi: Viaggio in Italia, 1829) e un poeta come Fiorella Mannoia (ascolta: Torno al Sud, 2012). Alla fine ho finito per essere molto me stesso. E ho deciso di condividere, spero senza retorica, le mie sensazioni.
Partenza da casa, Napoli… 100 città in una, la fragilità del tufo giallo a reggere il peso di 2.700 di storia e dominazioni e rivoluzioni stratificate e visibili, tangibili nella gente che vive nei vicoli e nella piazze in maniera autentica, un po’anarchica, ma comunque sempre vera.
Metropolitana di Napoli, fermata Toledo, un tocco di modernità (foto: H. Rice, 2014)
Un luogo a sè, un mondo a parte, incomprensibile ai più, anche a chi, come me, ci vive praticamente da sempre.
Però ditemi: quale altra città vi offre la possibilità di fare kayak lungo una riva costellata di ville dell’ottocento, borghi di pescatori e ruderi della Roma antica; di visitare l’ultima fabbrica artigianale di guanti di pelle; di imparare le tradizioni musicali ballando in un vicolo chiamato Pazzariello; di scendere sottoterra e visitare gallerie e navigare in antichi acquedotti; di inciampare in pieno centro in pizziche e tammorriate come cento anni fa; di mangiare dove mangiano gli indigeni e non mandrie di turisti? Il tutto magari alloggiando in un ex casa colonica immersa nel silenzio o in un ostello ex convento, a due passi dal centro?
Da qui si parte. Già al casello della autostrada Napoli- Pompei – Salerno, una prima soddisfazione, in realtà un primo sospiro di sollievo. Ho scoperto che, per fortuna, il sito ufficiale del governo “Italia.it” si sbagliava! E infatti il Vesuvio non l’avevano spostato “alle spalle di Napoli” (come riporta il sito più pagato al mondo: “nel cuore dell’arco Napoli, con l’imponente Vesuvio alle spalle”) ma invece quel bel vulcanone era ancora li’, di fronte a Napoli, dove lo avevo sempre visto. Meno male, va, una buona notizia ogni tanto!
Una volta abituati al calore degli automobilisti italiani che in autostrada amano sorpassare le moto a pochi centimetri di distanza per farvi sentire tutto il loro affetto (kitémmuortt’), potete uscire a Castellammare e godere, dopo qualche chilometro, della penisola sorrentina e della costiera amalfitana. In particolare io ho approfittato dell’ospitalità
La vista dal ristorante La Strada a Praiano
di alcuni amici per godere di Positano e della spiaggia del Fornillo. E poi la sera ho cenato molto bene a Praiano al ristorante La strada, con una vista incredibile del tramonto sul golfo, un rapporto prezzo qualità decisamente positivo e un personale molto gentile e professionale.
Il giorno dopo ho ripreso la rotta per il Sud, percorrendo tutta la costiera amalfitana ( SS163, take it easy, che sennò fate un frontalone) fino alla splendida Vietri sul mare dove ho ripreso l’autostrada Salerno-Reggio Calabria finalmente a livelli accettabili dopo oltre 60 anni di bestemmie, uscendo all’uscita Lagonegro.
Qui ho svoltato verso il mare, prendendo il Fondovalle del Noce (SS585), una strada che vi porta fuori dal mondo tra fiumi, boschi campi lussureggianti, in Basilicata. Una volta arrivato sul Tirreno e girate verso sinistra (SS18), cioe’ a Sud, lo scempio urbanistico ai danni della incantevole riviera dei cedri vi farà ricordare di quando i calabresi locali persero il senno e il buon senso per una trentina d’anni permettendo a una cricca imprenditoriale- politico-camorristica-‘ndranghetista di attentare a una costa di incomparabile bellezza di cui per fortuna è ancora possibile godere. Chiudete gli occhi ai vostri figli, se ne avete, attraversando Scalea: il mondo è molto meglio di così.
Io mi sono fermato da amici a Belvedere Marittima, che mi è parsa meglio messa e ho fatto uno splendido bagno in un piccolo lido all’ingresso delle città, tra locali e napoletani abituè molto per bene.
Il giorno dopo ho proseguito verso sud, riprendendo poco più giù la Salerno-Reggio Calabria, alla volta dello Ionio. Uscito a Rosarno, eleggibile tra i più brutti non luoghi al mondo e con il cassiere del bar della stazione tra i più scortesi d’Italia, per attraversare l’Aspromonte (SS682), diretto alla riviera dei gelsomini in particolare.
Calabria, non solo mare
Quando siete in Calabria, ricordate di camminare con la testa in su. Nel senso che, per ogni brutto centro abitato moderno sul mare ce ne e’ uno generalmente meglio tenuto nell’interno (e meno male!). La riviera dei gelsomini è un’infinita striscia di spiagge per lo più libere, interrotta in coincidenza dei centri abitati, da accoglienti piccoli stabilimenti balneari, che vi fanno dimenticare il troppo cemento che c’è intorno e i nomi di località che una volta suonavano di storia gloriosa (Locri, Gerace,…) e per troppo tempo hanno risuonato di storia penosa di cronaca nera (ma finirà, deve finire!). Come baricentro potete scegliere l‘agriturismo Paola di Marina di Gioiosa Ionica, dove mi sono fermato più volte e ho fatto bene, perché i proprietari sono persone squisite e cucinano molto bene. E poi, come consigliato in un mio post precedente, avete due tappe gastronomiche nella piazza plebiscito di Gioisa Ionica: la pizzeria Santa Caterina e la pasticceria Pisciuneri, dopo potete mangiare ottime paste di mandorle e il famoso pezzo duro, gelato a tre gusti al quale da queste parti dedicano anche una sagra.
Sono molte le cose da fare da queste parti, tra archeologia e natura e, se siete attenti potreste anche finire per godervi un tramonto al lido Blue Tango di Caulonia a godervi un aperitivo concerto live del cantautore Fabio Macagnino, famiglia originaria di qui, nato in Germania e qui ritornato (mettete questa in sottofondo, aiuta) per trovare e cantare le sue origini.
Qualche giorno dopo, saturo di iodio e amicizia, ho percorso tutta la riviera dei gelsomini (E90) in direzione di Villa San Giovanni, per imbarcarmi alla volta della terra di mio nonno, la Sicilia. Passare Capo Spartivento in moto è emozionante, perché sparte il vento e il deserto… e tutto è reso più surreale da tristi insediamenti umanoidi che hanno mortificato, anziché esaltarla, la bellezza assoluta di questi luoghi.
Il passaggio traghettato in Sicilia, dove “ne è arrivata di gente senza il ponte” – come dicono quelli di Siculamente – e’ emozionante, ma lo e’ ancora di più riposarsi in una
L’Etna e il mare di limoni da Palazzo Giovanni, Acireale (foto: A. Corbino)
dimora storica come Palazzo Giovanni ad Acireale, all’ombra del fumante dio Etna, circondati da un mare di limoneti e di mare. Lì sono prodoghi di consigli, tutti azzeccati, incluso quello di mangiare la sera a Santa Maria la Scala, da Carmelo. E poi da li’ ci si arrampica fino al rifugio Sapienza, e si fa tappa (dio li benedica) alla pasticceria-rosticceria Russo di Santa Venerina.
Pecorrendo la statale (SS114) in direzione di Siracusa ho fatto tanto alla città di Augusta che diede i natali a mio nonno, e ne ho constatato con amarezza il totale abbandono. Ma anche qui una buona notizia: da poco ha riaperto il museo della Piazzaforte ideato e voluto dal mio adorato e compianto zio Tullio Marcon, suo primo direttore. Almeno questo. Riposa in pace, finto- burbero Tullio, che la terra ti culli come il mare cristallino in cui nuotavi ogni giorno al circolo ufficiali della MM.
Ortigia, non solo bianco: un cortile fiorito (foto: A. Corbino)
Dire che Ortigia lascia senza parole per la bellezza vera e accecante è cosa scontata, ma cosi è… e poi ho avuto il privilegio di cenare all’aperto in una piccola corte, invitato da un amico tunisino che fa il mediatore culturale, in casa di una famiglia sri lankese. E di dormire all’hotel Gutowksi, che è l’Italia come dovrebbe essere.
La Sicilia si è svelata nella meraviglie delle sue calette della riserva del Plemmirio, dell’oasi di Vindicari e delle zone circostanti, Mediterraneo a perdita d’occhio. E ho ritrovato Marzamemi, con la ex tonnara, che sembra quasi chiusa a difendersi dalla volgarità delle bancarelle che la circondano assediata da una moltudine senza forma, mentre all’interno protegge i suoi pescatori-commercianti e piccoli ristoranti (il raffinato Cortile Arabo e lo street food di “Sicilia” provati e piaciuti) negozietti che trasudano passione e creatività.
La chiesa di San Giovanni a Scicli (foto: A. Corbino)
E ancora più sorprendente la provincia di Ragusa, che è la scenografia di MontalbanoSono, con i palazzi di Noto, e ancor più la nobile Ragusa Ibla, ma anche Scicli e la sorprendente Modica, patria del cioccolato lavorato a freddo e i giardini incastrati tra le case come nei paesi arabi. Tutto un po’ decadente, ma molto vivo, insomma, tutto molto Sud.
E poi ancora spiagge che resistono quasi intatte al turismo di massa e ancora le campagne assetate che rivelano la loro generosità ad ogni curva e resistono, coperte di serre, nonostante l’assurdità delle politiche europee Unione Europea.
Gaia Ferrara e Salvatore Lupo davanti alla targa posta dal Comune di Porto Palo di Capo Passero (foto: A. Corbino, 2014)
E poi Porto Palo di Capo Passero, la punta più a Sud d’Italia, isolette escluse, con una piazza aperta sul mare aperto che da questo agosto ha una targa che ricorda chi in questo mare ci muore per cercare miglior vita, grazie al coraggio di Gaia che ha pedalato dalla Puglia fin qui e al suo progetto.
Infine, prima di prendere il traghetto di ritorno, una visita alla nobile Catania, che ricorda Napoli in piccolo, ché anche lei ha il vulcano, il mare e il cibo buono e dove potete provare a portarvi via tutti i sapori della Sicilia in una delle pasticceria del centro e al ristorante I Crociferi, gentili e professionali come pochi.
Ecco, tutto questo è il Sud che ho visto e vissuto io, colto e ignorantissimo, imprenditoriale e indolente, intatto e violato, burbero e gentilissimo, elegante e accattone, solidale e vigliacco, ma comunque sempre vero, in questa sua esistenza in bilico perenne, terra di eterna contraddizione e lotta tra i pochi, rumorosi Caino e i tantissimi, umili e silenziosi, Abele.